Chef: GIUSEPPE CARUSO e MICHELE CIACCIO
Gr. 400 di semola di grano duro perciasacchi
Gr. 300 sedano
Gr. 300 carote
Gr. 500 cipolla rossa di Partanna
Gr. 50 aglio rosso di Nubia
Nr. 1 mazzo prezzemolo
Gr. 300 patate bianche
Gr. 200 zucca gialla
Gr. 300 finocchietto fresco
Gr. 30 pinoli
Gr. 50 uvetta passa
Gr. 500 sarduzza di Selinunte diliscate e pulite
Gr. 400 passata di pomodoro
Gr. 300 pangrattato
Gr. 200 farina di maiorca
Gr. 200 Vastedda del Belice D.O.P.
Gr. 200 latte intero
Gr. 500 tinnirumi
Gr. 10 curcuma
Nr. 2 pomodorini maturi
Nr. 2 stecche di cannella
Sale, Pepe e Peperoncino q.b.
In una ciotola capiente “incucciare “ il cucscusu con acqua e sale, una volta raggiunta la granulometria desiderata unire olio Evo e cuocere nella cuscusera con gli aromi.
A parte preparare un brodo vegetale con le verdure che servirà per inumidire il cuscusu dopo la cottura.
Trascorsi il tempo necessario affinchè l’amalgama risulti omogenea si procede alla lavorazione sferica del cuscusu, fare un composto ristretto fatto con le sarde saltate in padella assieme al finocchietto sbollentato, la cipolla, l’aglio, il prezzemolo, i pinoli, l’uvetta passa e la salsa di pomodoro. Una volta ristretto il condimento di sarde inserirlo all’interno della sfera chiudendo quest’ultima.
Abbattere leggermente le sfere, poi passarle in una pastella di acqua e farina della densità adeguata e panare con il pangrattato.
Frigggere le sfere in olio bollente a 165°C fino a completa doratura.
Per la crema di “Tinnirumi” rosolare cipolla, aglio, pomodoro rosso maturo, e mezza patata, aggiungere i “Tinnirumi” lavati, far stringere il sughetto ottenuto e passare al cutter.
Sempre a parte mettere nel latte la vastedda a pezzettini e scardare a fuoco lentissimo sotto gli 82 gradi.
Componete il piatto versando sul fondo di un cappello del prete la crema di “tinnirumi” formando un cerchio, sopra di questo decorare con la fonduta disegnando una spirale, poggiarvi sopra la sfera fritta, decorare con pomodorino confit e un rametto di finocchietto.
In un racconto di Giuseppe Pitrè ambientato nel 1777 viene riferito un episodio in occasione di un matrimonio a Trapani “[fu] regalata al parroco una pietanza chiamata cuscusu colla carne di porco, vivanda in Sicilia dai saraceni lasciata”.